Suorine di Montecorona

Voce che condensa in sè una serie di significati fondamentali per lo sviluppo dell’Epos, dell’Ethos e soprattutto dell’Eros dei torcoli durante il Servizio Civile.

L’incontro ed i contatti con  le “Suorine di Montecorona” avveniva in occasione della distribuzione delle derrate alimentari fornite dall’AIMA alla Caritas. Distribuzione, che veniva effettuata dai torcoli con i mitici furgoni (242, Ford Transit, Fiorni etc.) in massacranti tour della diocesi, per raggiungere sperdute comunità di ultimi e bisognosi, e che avevano nell’Abbazia di Montecorona il punto più estremo.

La salita al monte su una strada, progressivamente incerta mulattiera, immersa nel verde di macchie di faggi e castagni, diventava esperienza mistica ed esperienza di vita.

Viaggi ai confini, confini fisici, ma anche confini dell’umana esperienza, ultimi, derelitti, emarginati, eremiti (Epos).

La distribuzione dei beni di conforto, attraverso il sacrificio, fisico e morale (l’angoscioso timore della rottura di un semiasse dell’amato Ford), rendeva l’ODC, braccio armato della Caritas; dedito fino all’abnegazione, quando risparmiava ad alcune comunità di ultimi l’onta di confrontarsi con l’Orcamburger a vantaggio di qualche pezzo di buon parmigiano (Ethos).

L’approdo all’Abbazia, luogo forte, di pace, accogliente, porto sicuro, era allietato dalle Suorine: volti delicati e sereni dagli occhi azzurri e dalle voci gentili. Solo volti, ma il ritorno era confortato o per alcuni tormentato da sacrilega immaginazione (Eros).

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Storia del complesso di Montecorona

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