Giro di degustazione e votazione dei piatti

Tecnicamente consiste nella scelta di un numero di varietà culinarie equivalenti al numero dei torcoli seduti al tavolo del ristorante (- 1, vale al dire meno il Tribbio, restio a pietanze elaborate e che non rispondano a criteri ferrei di essenzialità e consumazione frugale) per poi dividere ogni piatto per il totale dei partecipamti al giro di degustazione (cosa ovviamte complicata con zuppe e ministre che dà origine a scontate difficoltà: 1. essere certi che ognuno prenda la giusta porzione, 2. la titubanza dell’ultimo del giro che oltre alla zuppa si vede costretto a bere i succhi orali dei compagni torcoli, titubanza assente se l’ultimo del giro è Raffaele) e dare di seguito inizio al rito del giro del piatto tra i commensali (nello sconcerto dei camerieri e di fronte allo sguardo schifato dei clienti del locale, poco adusi a tradizioni etnico-culturali distanti dai propri orizzonti mentali). Il giro di degustazione viene reso ancora più complicato dalla intempestiva decisione del Tribbio che,  dopo aver scelto dei piatti interamente per sé fuori dal giro, decide, immancabilmente, di assaggiare ciò che prima aveva rifiutato, scompaginando geometrie e aritmetiche finemente studiate dagli altri torcoli. In una prima fase dei viaggi torcoli il giro di degustazione terminava con la votazione (palese o a scrutinio segreto) dei piatti assaggiati. Con l’andare del tempo l’abbondante alcol che accompagnava il rito torcolo ha reso sempre più difficile (data anche l’età dei torcoli che li ha costretti a fare i conti con una più difficile risposta metabolica e ad una ancor più difficile gestione della memoria) mantenere la giusta lucidità per effettuare la votazione finale dei piatti che venne così abbandonata.

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