Pressarrosto

Sedicente prodotto alimentare di non meglio precisata natura, confezionato da nota ditta italiana per conto dell’AIMA. Si trattava di un polpettone di carne sulla cui effettiva commestibilità vi sono a tutt’oggi pareri discordanti; alla vista si presentava come un agglomerato di carni di colori improbabili, mentre all’olfatto rivelava la sua natura di composto di materiali organici in avanzato stato di decomposizione. Altamente resistente al calore, alla pressione e all’agressione di agenti chimici, fu sottoposto a numerosi test culinari che ne confermarono la natura inerte, nonchè l’assoluta immangiabilità, finanche dopo giorni e giorni di pastone. Per questo motivo, parte delle scorte, grazie alle entrature presso le Suore di Fontenovo, fu barattata con alcune casse di birra scaduta, mentre la restante parte fu stoccata in congelatore (fino al noto episodio del consigliere Caritas con il congelatore di casa rotto).

Una interessante (per gli studiosi di vita aliena e per gli amanti del sado-maso) variante del Pressarrosto era costituita dall’Orcamburgher, che differiva dal prodotto-madre solo per le sembianze di hambugher, pur mantenendo le stesse caratteristiche chimico-fisiche (insapore, dal caratteristico odore di bambino-morto-con-le-mecap, inerte alla cottura). A differenza del Pressarrosto tuttavia, questa specialità vantava almeno un entusiasta estimatore (un caso clinico ancora oggetto di studio, peraltro tristemente noto per la sua perversione di frullare mele marce).

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